La Scia (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) è una delle procedure che possono permettere di iniziare lavori edilizi su un immobile.
Introdotta a seguito del varo della Legge 122 approvata dal Parlamento nel corso del 2010, ha in pratica provveduto a sostituire la Denuncia di Inizio Attività (DIA).
Come la CIL (Comunicazione di Inizio Lavori) e la CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) trae fondamento dalla necessità di ridurre al minimo le complicazioni di carattere burocratico, permettendo di bypassare il termine di trenta giorni che distingueva invece la DIA e di cominciare gli interventi previsti anche il giorno stesso in cui è stata presentata la necessaria documentazione presso l’organismo comunale preposto al disbrigo delle pratiche.
Va però precisato che l’ente locale di competenza ha a sua volta un termine di sessanta giorni per istruire un’indagine su quanto stia effettivamente accadendo nell’immobile oggetto dei lavori. In questo arco di tempo, nel caso fossero riscontrate dissonanze o irregolarità il Comune può arrivare ad interrompere le lavorazioni. Ove invece tale lasso di tempo fosse trascorso, sarà possibile un intervento soltanto in casi estremi, come quelli rappresentati dalla possibilità di danni alla salute, nel caso fosse messa a rischio la sicurezza delle persone o si presentasse l’ipotesi di attentati al patrimonio artistico.
Quali sono i lavori edilizi per i quali è obbligatoria la Scia?
La Scia si rende necessaria per quei lavori un tempo rientranti nel raggio d’azione della Dia, ovvero gli interventi tesi a ristrutturare un immobile, alla sua manutenzione straordinaria o a restaurarlo o risanarlo da un punto di vista conservativo. Categorie cui vanno aggiunti tutti i lavori edilizi tali da alterare la sagoma dell’immobile, anche nel caso in cui fosse conservata la volumetria originale e fossero rispettati i vincoli esistenti e quelli tesi a ripristinare parzialmente o totalmente edifici demoliti oppure oggetto di crollo.
Per certi aspetti va ad intersecarsi con la CILA, in particolare per quanto riguarda i lavori di ristrutturazione edilizia. Quando non devono essere effettuati interventi strutturali, ad esempio modificando la disposizione delle stanze all’interno dell’immobile, basta la Scia, mentre se si aprisse una stanza in un muro portante diventerebbe necessaria la CILA.
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Cosa occorre presentare?
Va anche specificato che all’atto della presentazione della domanda, essa deve prevedere anche la presenza di una serie di elaborati progettuali e dichiarazioni da parte dell’architetto o comunque del tecnico cui sia stato affidato l’incarico, attestanti la rispondenza dell’insieme alle normativa in vigore.
Va anche ricordato come siano già molti gli enti locali che hanno provveduto a dare modo di inviare per via telematica la Scia, con tutta la documentazione allegata, tanto che in alcuni casi questa è diventata l’unica ed esclusiva modalità prevista.
Cosa succede se i lavori iniziano senza aver presentato la Scia?
Nel caso in cui gli interventi siano iniziati senza che sia stata presentata la Scia, si può rimediare alla mancanza utilizzando quella particolare procedura nota con il nome di Scia tardiva. In pratica basta presentare una normale Scia aggiungendo una dichiarazione con la quale si attesta l’inizio dell’intervento, sanando al contempo la posizione irregolare previo pagamento di una multa, solitamente attestata a quota 516 euro.
Esiste poi un ulteriore caso, quello in cui i lavori sono già stati eseguiti, per i quali è possibile usufruire della SCIA in sanatoria, per la quale diventa però obbligatoria l’effettuazione di un accertamento sulla conformità dei lavori. Si tratta di una procedura già prevista per la Dia, tesa a verificare la rispondenza dei lavori alle leggi urbanistiche vigenti, che comporta anche in questo caso il versamento di una multa.
La DIA non è scomparsa del tutto
Come abbiamo già ricordato, la SCIA è stata concepita come sostituto della DIA, anche se nella realtà la Denuncia di Inizio Attività non è mai scomparsa del tutto. A rendere possibile il suo mantenimento in vita è stata in particolare l’autonomia di legiferare riconosciuta a Comuni e Regioni. Poiché molti enti locali utilizzano procedure differenti, hanno quindi preferito continuare a chiedere la Dia quando si tratti di interventi quali la demolizione e ricostruzione a seguito delle quali siano previste modifiche di volumetrie e sagome, oppure la modifica della destinazione d’uso.
Anche per alcuni interventi come quelli che prevedano sopraelevazioni o ampliamenti, proprio in quanto prefiguranti una nuova costruzione, come ad esempio quelli posti in attuazione del cosiddetto Piano Casa, continua ad essere in vigore la Dia.